È notizia delle ultime ora che la nave militare Ticino, carica di 1200 metri cubi d’acqua, sia approdata sulle coste sicule per dissetare la popolazione, attuando nuovamente azioni risolutive temporanee quando, invece, l’emergenza risulta essere sistematica e dai retrogusti politici locali. Sono i dati Eurispes/ISTAT (Febbraio 2024) a descrivere una situazione che trascende da ogni aristocratica ed aziendale giustificazione.
PIÙ DEL 52,5% DELL’ACQUA VIENE PERSA STRADA FACENDO NELLE TUBATURE ORMAI LOGORE DAL TEMPO E DALL’INCURIA E PIÙ DEL 16,7% DELLA POPOLAZIONE È SOGGETTA AL RAZIONAMENTO IDRICO.
Ma perfino quella poca che resta o che deve essere depurata, è gestita malissimo. Da un report delle Autorità regionali i bacini nel mese di Gennaio registravano uno scarto del 18% rispetto all’anno precedente, portando così complessivamente la situazione ad un saldo del tutto negativo già nei primissimi mesi dell’anno. Un esempio pratico: il bacino Pozzillo che avrebbe una capacità di ben 150 milioni di metri cubi ne conteneva poco più di 4. Le società appaltatrici si nascondono costantemente dietro uffici stampa aziendali, ove tutto tace e niente cambia sul territorio per una popolazione sempre più allo stremo. La gestione delle depurazioni è uno scandalo nazionale che come una chimera viene silenziata dai media locali e dalla politica regionale. L’inefficienza umanoide nel gestire le poche risorse e l’ indifferenza verso un cambiamento climatico derivato esclusivamente dalle attività umane porta l’isola (e non solo nda.) in uno status d’abbandono senza apparentemente una via di fuga.
La scelta anche in questo caso deve, senza ombra di dubbio, essere radicale e bivalente.
Se da una parte serve la destituzione dalla gestione delle reti idriche di aziende private ed appaltatrici, decisamente poco performanti per l’interesse pubblico, riportando così questa fondamentale risorsa nel sistema pubblico, dall’altra serve un’azione concreta nazione ed internazionale, contro il cambiamento climatico che sta sempre più velocemente desertificando il territorio siciliano rendendolo un’arida tavola di terra venduta al miglior offerente.
SENZA UNA VERA AZIONE POPOLARE LA SITUAZIONE NON POTRA’ CHE PEGGIORARE, SENZA UNA COSCIENZA POPOLARE SUL VALORE DEI BENI ESSENZIALI SARA’ SEMPRE PIÙ DIFFICILE TORNARE INDIETRO.
Cambiare è possibile ma soprattutto necessario. La creazione di comitati popolari che sul territorio creino costantemente stati di conflitto nei confronti di chi chiude i rubinetti ma si riempie le tasche di soldi pubblici e non solo. La diffusione dei valori che stanno alla base della fantomatica frase “L’acqua come bene comune” perché di vedere grandi ville con piscine stracolme di questo prezioso e fondamentale elemento mentre interi paesi devono razionarla non ne possiamo più. La cura del territorio, dei fiumi, dei bacini e delle strutture idriche che non solamente risanerebbero una situazione del tutto fuori controllo ma che possono generare anche posti di lavoro, in una delle aree d’Italia più depresse sotto questo aspetto.
E se, dopo un’epurazione politica e manageriale, i soldi per guerre e genocidi, venissero investiti in maniera sana e costruttiva contro questo sfacelo? Se rispondessimo al NATO che il 2% del P.I.L. al posto di investirlo in nuovi aerei, droni e carro armati li investissimo in una radicale transizione ecologica per invertire il drammatico collasso climatico e nell’aggiornamento delle reti idriche della regione? Se li usassimo per mettere a norma gli impianti di depurazione che ad oggi ci costano 165.000€ d’infrazione al giorno dalla comunità Europea e che vengono incredibilmente inseriti nelle bollette degli utenti siciliani alla voce “costi di depurazione”? L’acqua non ha padroni, non ha un colore politico ma è ciò che rappresenta al meglio il concetto di vita. Senza d’essa e senza una sua salvaguardia non c’è futuro alcuno. Senza una scelta chiara e radicale sulla lotta al cambiamento climatico non c’è futuro alcuno.
Nel frattempo, l’acqua ce la portano i militari. Questo è un fatto.