La cosa pubblica non è una faccenda personale caro, oramai ex, ministro Sangiuliano. La cosa pubblica non è in nessun caso da trattare come un argomento da gossip. Va protetta sia dagli attacchi interni sia da quelli esterni con la responsabilità collettiva. Da una parte franchi tiratori che si aggirano fra i corridoi spesso e volentieri invitati dalle stesse “vittime”, dall’altra chi si arrocca nei talk show televisivi nel difendere chi è del tutto indifendibile come proprio l’ex titolare del dicastero.
Al netto delle considerazioni personali che ognuno ed ognuna di noi può e deve avere di fronte a situazioni del genere, ci troviamo innanzi ad una serie di sistematiche operatività volte a favorire i soliti noti, utilizzando il potere concesso, utilizzando senza alcuna remora quel “qualcosa” che non è loro ma è nostro.
Una vicenda quella del ex ministro Sangiuliano (attualmente tornato a lavorare come giornalista in RAI e già attualmente in feria nda. FONTE REPUBBLICA), già sostituito in fretta e furia (o forse no nda) dal nuovo ministro Giuli (figura dal passato torbido e da un discutibile curriculum vitae presentato pubblicamente che attesta numerose incapacità nda), è la triste rappresentazione delle logiche dell’attuale maggioranza della classe politica della Repubblica italiana.
Quando il confine del potere non si vede.
Quando il confine che passa fra il privato e il pubblico, fra il potere concesso e quello strappato sottobanco, diventa così sfacciatamente opaco, allora si intravede la tipica classe politica nata e cresciuta con le radici di un terreno inquinato fin dai tempi di “mani pulite”, attraversa il “berlusconismo” e in alcune regioni del belpaese anche del nuovissimo e sfavillante “totismo”. Nascondendosi dietro le retoriche frasi “Lo faccio per la mia patria” che sanno di nazionalismo e di populismo destroide, il castello di carte cade proprio quando quell’area grigia creata come fosse una “zona franca della politica e della società” si palesa nitida e “in chiaro” a tutta la collettività.
Una vicenda intrisa di misoginia, machismo e patriarcato.
Questa vicenda mette in evidenza quello che è il mondo del patriarcato di questo Paese. Da una parte la “sofferenza” in diretta televisiva di Stato, di un “povero uomo” che ha tradito la moglie in un’altalena d’emozioni fra l’ipocrisia di un sistema misogino e machista e il totale imbarazzo della gogna mediatica, del tutto cercata dallo stesso Sangiuliano. Dall’altra Boccia, che interviene come lupo mascherato del patriarcato in talk show televisivi e sui social prendendo le sue posizioni accusando l’ex ministro di aver tradito la sua fiducia, rinunciando alla sua nomina come consulente per i grandi eventi. Sì perché anche una singolarità femminile può essere arma dello stesso veleno tossico. In questa triangolazione troviamo infine alcune testate giornalistiche che, per tracciare un profilo della suddetta Boccia, intervistano l’ex marito della stessa considerandolo test “affidabile”.
L’imbarazzo
L’imbarazzo è su più livelli: il primo è sicuramente quello collettivo. Una notizia fra gossip, cosa pubblica e politica interna che è stata rimbalzata più volte anche dai mass media esteri facendo sconfinare il fatto anche oltreoceano. L’imbarazzo del governo della Repubblica Italiana, che dopo un primo mutismo di fronte alle battute stampa, si chiude in conclave nei palazzi e nominacome nuovo Ministro della cultura il giornalista Alessandro Giuli, già noto ai più per le sue esternazioni sul fascismo (Qui il video su Youtube). L’imbarazzo va creato, gestito e venduto al miglior offerente: questo è il populismo nazionalista e di destra di questo Paese e non solo. Armi di distrazioni di massa, in una cultura collettiva già deperita da diverso tempo per diversi e complessi fattori, che continua ad essere intossicata da acque torbide.