Nell’ultimo anno è innegabile la crescente – e preoccupante – repressione del dissenso da parte della polizia e, in generale, della politica. Il DDL 1660, il celebre “decreto sicurezza” che sta facendo molto discutere, è solo il punto di arrivo dell’agenda politica dell’attuale governo. Queste nuove e preoccupanti disposizioni sono state precedute da un’escalation di violenza e repressione nei confronti di chi fa attivismo (ps, se volete firmare contro questo decreto, qui trovate la nostra petizione da sostenere). Molti parlano addirittura di stato di polizia, ed è difficile dargli torto.
Solo negli ultimi venti giorni abbiamo visto di tutto. Il tentativo di fermare la protesta a Roma per la Palestina, con tanto di pullman fermati dalle forze dell’ordine anche fuori regione, rendendo una vera impresa raggiungere piazza della Piramide. Oppure quello che è successo al bosco di Gallarate, dove alcun* attivist* cercavano di difendere gli alberi dall’abbattimento. Risultato? Una vera operazione di polizia solo per distruggere degli alberi. Anche la continua persecuzione di movimenti come Ultima Generazione, le cui azioni eclatanti hanno portato il nostro governo a realizzare dei decreti contro gli “ecovandali”, è l’ennesima dimostrazione del fatto che se fai attivismo vieni limitato, calpestato e zittito. Sempre di Ultima Generazione, è di qualche giorno fa la notizia del processo a Giacomo, un attivista a cui è stata richiesta la sorveglianza speciale (come per i reati di mafia) per aver interrotto una partita di tennis con dei coriandoli e attirare l’attenzione sulla crisi climatica.
Quando siamo arrivati a questa situazione? Credo che uno dei momenti che più hanno lasciato il segno sia stato quanto accaduto al rifugio Cuori Liberi, il 20 settembre 2023. È stato un momento di rottura importante, in cui già vedevamo come la brutalità della polizia stava diventando la nuova norma nella gestione di chi difende un ideale più alto.
Rifugio Cuori Liberi: cos’è successo
Partiamo dal principio. Progetto Cuori Liberi è un santuario per animali che si trova a Sairano, in provincia di Pavia. Questi rifugi sono luoghi di pace, dove animali come mucche, maiali, polli – i cosiddetti “animali da reddito” – vengono salvati da situazioni di maltrattamento e qui vivono liberi, accuditi come animali domestici senza logiche di sfruttamento. Per i volontari che gestiscono il rifugio, tutti gli animali che vivono qui sono come cani e gatti che vivono nelle nostre case.
Nel settembre 2023 circolava negli allevamenti intensivi della Lombardia la peste suina africana (PSA), una malattia che colpisce cinghiali e maiali, ma non gli esseri umani. Questa malattia spaventa molto il settore degli allevamenti: quando la PSA circola, infatti, c’è il rischio che le esportazioni di carni e salumi vengano bloccate, e questo rappresenta un grande danno economico. Non solo: secondo la legge, se in un allevamento viene trovato anche solo un maiale affetto da questa malattia, tutti devono essere abbattuti. Questa è la strategia di gestione del virus, che però non sta funzionando, dato che sono stati abbattuti oltre 110 mila di maiali in due anni.
La provincia di Pavia, dove si trova il rifugio Cuori Liberi, viene sconvolta dai casi di PSA. Inizia a circolare negli allevamenti e qualche caso di positività viene trovato anche al rifugio Cuori Liberi. Non appena questo accade, i veterinari dell’ATS decretano: abbattere tutti i maiali del rifugio. Di fronte a questa richiesta, che non ha mai trovato mediazione nonostante le richieste del rifugio, attiviste e attivisti da tutta Italia sono accorsi per proteggere i maiali che qui vivevano liberi. Sul luogo si era creato un presidio permanente e pacifico, il cui obiettivo era semplice: fare in modo che si creasse un dialogo con le autorità, per gestire la situazione nel modo migliore per i maiali, diversamente da come viene fatto negli allevamenti, dove sono considerati alla stregua di merci.
La risposta a questa azione è stata la brutalità poliziesca. Il 20 settembre 2023, all’alba, un’ingente quantità di camionette della celere ha raggiunto il rifugio. L’obiettivo è stato chiaro fin da subito: sgomberare la resistenza di attiviste semplicemente sedute di fronte ai cancelli del rifugio, con tutti i mezzi possibili. E così è stato: violenza fisica e verbale, manganellate hanno investito queste attiviste. Una brutalità che all’epoca era sembrata senza precedenti, tanto che anche Amnesty International ha preso posizione pubblicamente per denunciare quanto accaduto. Ai giornalisti presenti venne impedito di riprendere alcune operazioni all’interno del rifugio, ma fortunatamente erano state piazzate delle telecamere nascoste che hanno ripreso tutto.
Queste immagini uniche sono state raccolte nel film documentario “Cuori Liberi – fino all’ultimo respiro”, dal 20 settembre nei cinema di tutta Italia (qui le date delle proiezioni in tante città). Questo film ha il potere di raccontare, direttamente dalla voce di chi era presente, quello che è stata l’alba della crescente ondata di repressione che sta sconvolgendo il nostro paese.
Perché quando le autorità entrano in casa tua, distruggendo il luogo (una proprietà privata) e picchiando chi è presente, vuol dire una cosa semplice: non c’è modo di fermarli, non c’è più un confine sicuro.
E ogni giorno che passa, lo è sempre di più la dimostrazione.
Photo Credits: Saverio Nichetti e Martina Micciché
Link utili:
Pagina web del documentario, con le proiezioni sempre in aggiornamento e il trailer: https://mescalitofilm.com/distribuzione/cuori-liberi/
Profilo instagram del film: https://www.instagram.com/cuoriliberifilm/